Foto: Gabriele Fanelli

Ricordo molto bene quel giorno. Incollati alla tv, increduli davanti a quello che stava succedendo. Un ragazzo di Francavilla Fontana, un paese grande quanto un quartiere newyorkese, New York se la stava prendendo tutta. Il 3 novembre 1996, quel ragazzo con la pettorina numero 12 e i pugni alzati al cielo, ci ha fatti impazzire di gioia mentre tagliava il traguardo. Giacomo Leone aveva vinto la maratona di New York, wow… Al suo rientro in Italia ero ad aspettarlo sotto casa. E con me, centinaia di francavillesi. Avevo 11 anni e la sensazione che provavo era di appartenere a un evento molto più che storico. Era leggenda.

Avrei voluto fare una chiacchierata con lui da tempo. Ho approfittato della sua schiacciante rielezione come Presidente della Fidal Puglia, avvenuta nel mese di gennaio. È stato un viaggio che è partito da un ragazzino che ha cominciato a correre perché lo vedeva fare a un professore, spiato dalla finestra di casa. Per arrivare a New York, a Otsu. Una vita dedicata a un’enorme passione, prima in pista e poi da dirigente.

Davanti a noi, sul viale di Casa Resta, dove si allenava, Giacomo Leone ha letteralmente spacchettato la spilla della quercia Fidal, un riconoscimento di merito che viene attribuito solo a pochi eletti. Ci ha spiegato come funziona: ogni Federazione ha dei riconoscimenti in base alla carriera e gli anni di attività dirigenziale. La Fidal ha scelto le querce, dal primo al terzo grado. Dal primo al secondo grado devono passare almeno 10 anni ininterrotti di dirigenza sportiva; dal secondo al terzo almeno 12 anni, ma spesso in realtà ne passano 25, di anni. Così capita che chi riceve la quercia di terzo grado abbia più di 70 anni. Per Giacomo Leone è stata fatta un’eccezione: Il Presidente nazionale Fidal Alfio Giomi lo ha onorato del terzo grado a 49 anni, stabilendo un nuovo record. Quello del più giovane dirigente nella storia dell’atletica leggera ad aver ricevuto questo riconoscimento.

Foto: Gabriele Fanelli

Rieletto Presidente del Comitato Regionale Fidal con 2923 voti, cioè l’83%. Che significato ha questa vittoria schiacciante?

È stato un apprezzamento per quanto ho saputo fare in 4 anni in Puglia. Ho seguito la strada tracciata da Angelo Giliberto, mio predecessore e attuale Presidente del Coni regionale. Ci ho messo ancora più voglia di crescere, migliorare e fare squadra con il Consiglio Regionale. Non mi aspettavo sinceramente un risultato del genere, anche perché a pochi mesi dalle elezioni non c’era un altro candidato. Poi Haliti, che è ancora atleta, da deciso di candidarsi e lì mi sono rimesso in gioco, parlando con tutti. La Puglia ha 256 società affiliate Fidal e ho parlato con almeno 200 presidenti da un capo all’altro della regione. Ci ho messo la faccia e ho parlato anche con quelle società il cui voto vale numericamente meno in fase di votazione.

Cosa ha fatto la differenza?

Il rapporto è fondamentale. Ci siamo talmente isolati dal contatto umano, dal guardarci negli occhi…i social hanno preso il sopravvento, soprattutto tra i giovani. Ho detto a tutti di giudicarmi per quanto fatto nei 4 anni precedenti, da considerare un punto di partenza in cui abbiamo seminato tanto e adesso dobbiamo raccoglierne i frutti.

È stato un anno assurdo per tutti. Come viene fuori l’atletica pugliese da questa situazione?

Abbiamo chiuso il 2019 in modo eccezionale, siamo diventati la seconda regione in Italia per società affiliate (256). La Lombardia è prima con più di 500. Oltre 12500 tesserati. Siamo arrivati secondi ai campionati cadetti maschili, in corsa campestre e su strada, perdendo di soli due punti alle spalle del Lazio. Siamo arrivati prima delle regioni del nord, ecco perché ho detto ai miei colleghi settentrionali che in Puglia siamo più bravi ad allenare (sorride). Nel 2020 eravamo partiti benissimo e poi tutto si è bloccato. Anche se, da fine giugno e in tutta sicurezza, abbiamo organizzato gare su pista in tutta la regione. Tra le prime regioni a riattivarsi così!

Facciamo finta che domani tutto torni alla normalità. Qual è la prima cosa che Fidal Puglia organizza?

Il mio predecessore ha avuto la genialità di creare un campionato itinerante di corsa su strada, il Corripuglia, copiato poi un po’ ovunque. Quando dico che siamo più bravi degli altri è perché, nella pochezza dei mezzi a disposizione, riusciamo a tirare fuori sempre qualcosa di buono. Ecco, vorrei tornare a far rivivere le strade di Puglia con migliaia di atleti. Nel 2019 abbiamo organizzato 330 gare in un anno, praticamente 5/6 manifestazioni a settimana.

E tu? Continui ad allenarti?

Io ho completamente mollato, non ho più lo stimolo ad allenarmi perché non ho obiettivi sportivi. Poi dopo il lavoro faccio tanti chilometri per la Federazione, il tempo a disposizione non è molto. Ho smesso ufficialmente nel 2009, con una gara qui a Francavilla.

Foto: Gabriele Fanelli

Ma ogni tanto ci ripensi a quel 3 novembre 1996 a New York?

Ci ripenso, si. Ho la fortuna di avere un accordo con un’agenzia viaggi di Roma e da 10 anni accompagno a New York circa 500 maratoneti italiani che vanno a gareggiare. Quindi ho avuto la possibilità di vivere quello che vivono tutti gli altri. Quando sei un atleta top, vivi in una specie di bolla in cui tutto ruota intorno alla tua attività e perdi tutti i contorni e le emozioni della gara. Questa esperienza mi ha fatto capire quanto sia stato importante quello che ho fatto. Quel 3 novembre è qualcosa di incredibile, ma ci ho sempre creduto. Pensa che nella conferenza stampa tre giorni prima avrei voluto dire di essere lì per stupire il mondo. Non l’ho fatto, ma avevo comunque ragione. Ero in uno stato di grazia, credo che quel giorno avrei vinto qualsiasi gara.

Quanto tempo ci si prepara per un evento del genere?

Piero Incalza, mio storico allenatore, diceva che per crescere un atleta ci vogliono 10 anni. Ed effettivamente dopo 10 anni ho vinto New York. Non sono i singoli allenamenti e basta, è come ci si organizza intorno, hai bisogno di un gruppo con cui correre e chiacchierare nonostante questo sport sia solitario. Vedi, Francavilla è un caso da studiare proprio per questo: io, i gemelli Andriani, Mimmo Caliandro e tanti altri. Com’è nato tutto? Sotto casa dei miei genitori ce n’era una abbandonata, sempre di nostra proprietà. Quindi l’ho attrezzata come fosse uno spogliatoio. Tutti gli atleti che volevano correre venivano a casa mia e si partiva tutti insieme, alle 15:00. Veniva gente anche da altri comuni. Un gruppo meraviglioso, divertente.

Abbiamo ritrovato un audio. Nel 1997 Nike ha creato una serie di brani in cui sportivi famosi prestavano la loro voce per sponsorizzare determinati prodotti. Tra Andre Agassi e Monica Seles, abbiamo trovato Giacomo Leone. Com’è andata la cosa?

Nel 1989-90 a fine campionato vengo agganciato da Diadora che all’epoca era sponsor della nazionale, e mi fanno un contratto. L’anno successivo Diadora chiuse con la nazionale e quindi chiesi a Nike se volesse sponsorizzarmi. Cominciò così il nostro rapporto, fatto prevalentemente di consegna di materiale sportivo. Dopo New York poi sono diventato uno dei loro atleti di punta a livello europeo. Si inventarono questi audio, brani musicali che dovevano contenere frasi in cui ognuno di noi identificava la sua carriera, oltre alla sponsorizzazione del prodotto specifico. Erano audio che andavano in loop nei Nike corner, nei negozi. Io cosa dicevo? Che nel momento in cui mi fossi accorto di andare piano, mi sarei ritirato.

E poi un sacco di riviste cartacee…

Sai che non conservo più nulla? Se vieni a casa trovi poco, qualche ritaglio di giornale e il piatto di New York, un ricordo sempre presente. Anche se il mio sogno realizzato non è stato questo…

E quale?

Il mio sogno vero è stato il 3 marzo 2001, quando ho stabilito il nuovo record italiano nella maratona, togliendo il primato a Stefano Baldini. A Otsu (Giappone), nella 56esima edizione di una delle maratone più antiche, ho stabilito il record di 2h 07’ 52”. Lì sono entrato di diritto nella storia dell’atletica leggera. New York è stata successo, soldi, una bellissima esperienza. Ma per uno come me, abituato a cercare sempre di più, Otsu è stato un vero sogno. E probabilmente il momento dell’appagamento, perché da lì è iniziata una lenta flessione.

Ultima domanda: qual è la condizione dell’atletica francavillese?

Francavilla ha avuto tanti politici che non hanno avuto la lungimiranza di investire non per Giacomo Leone, Ottavio Andriani o Mimmo Caliandro, ma per un centro di aggregazione sociale per i giovani, fondamentale contro la devianza minorile, come possibilità di togliere alibi a tanti ragazzi. Vuoi fare sport? Ecco, c’è il contenitore: mettiti in gioco, provaci. L’attuale amministrazione ha dato vita alla piccola pista del III circolo, che resta un ottimo inizio. Ma non devono fermarsi, devono puntare più in alto. Abbiamo anche a Francavilla diverse società affiliate Fidal che stanno facendo bene e stanno investendo molto. È un buon inizio, bisogna dare continuità. Anche perché l’atletica lancia messaggi di cultura fisica senza scorciatoie, di solidarietà, di gruppo. Ti regala un sogno, cioè credere in te stesso nella lotta con il metro e il cronometro. E ti aiuta a migliorare, anche come uomini.

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